Un ragazzo chiamato Anzio.

23-09-2025 09:31 - Recensioni e presentazioni
Presentazione del libro omonimo, edito da Arduino Sacco - 2012, sulla memoria storica di Alfredo Rinaldi.
Saranno presenti l’autrice Carla Guidi e gli attori Simona Verrusio e Fiorenzo Fraccascia.

Anzio - Villa Sarsina, sabato 27 settembre 2025 ore 18

Alfredo Rinaldi è nato ad Anzio nel 1928 ed è morto nel 2017. Da bambino adorava incollare gli spezzoni di pellicola che si procurava dall’operatore del cinema di Anzio per mostrarli a un pubblico di bambini in una cantina affollata usando un proiettore avuto in prestito.
Sfollato con la famiglia a Roma, tornò da solo ad Anzio neanche un mese dopo lo sbarco alleato attraversando il fronte riuscendo ad aggregarsi come “mascotte” all’esercito americano. Vide così che gli americani, i suoi eroi, non avevano le caratteristiche dei cowboys che aveva sognato da piccolo, ma erano ugualmente dei personaggi straordinari con il loro mondo tecnologico ed economico al quale l'Italia popolare, stracciona ed affamata, guardava con venerazione.




APPROFONDIMENTI 1
[serie di brani tratti dalle memorie di Alfredo Rinaldi]

A Roma il pane era razionato, ognuno aveva diritto solo ad una ciriolina al giorno. Alfredo aveva trovato lavoro da un fornaio ma durò poco perché nella notte si mangiava sei o sette ciriole e il proprietario lo mandò via.

Tornato ad Anzio, dopo essersi svegliato alla stazione, si è incamminato verso il centro della città che era diventata black zone, dove cioè i civili non potevano circolare. Un militare americano che parlava un po’ napoletano, gli disse che i cittadini di Anzio li avrebbe trovati a Nettuno. Dopo averci parlato, Alfredo sarebbe voluto tornare a Roma ma si rese subito conto che con gli americani sarebbe stato molto meglio. E così è rimasto.
Assisteva alle operazioni di scarico dei rifornimenti: scaricavano di tutto, dai sacchi di zucchero alle munizioni. Comunque girare per Anzio era pericoloso perché c’era il cannone tedesco che continuava a sparare da Velletri.
Era ragazzo e non gli sembrò vero di potersi aggregare all'esercito alleato. Ma come mai un ragazzo si era aggregato all'esercito americano? Alfredo risponde subito, tranquillamente: “Per FAME! era il paradiso, potevi mangiare il pane bianco... potevi scegliere perfino il tipo di cioccolata...”

Il 5 giugno 1944 Alfredo con gli americani è entrato a Roma e anche lui ha distribuito sigarette e generi alimentari. E finalmente risponde alla domanda che tutti, a meno che non siano storici, si fanno: da dove sono arrivati gli americani a Roma? Chi dice dalla Casilina, chi dalla Litoranea, chi dall'Appia... Ebbene, sono arrivati da tutte queste parti. Il punto di convergenza era Porta Maggiore per poi dirigersi al Vaticano e di lì prendere l'Aurelia.
Lui, anziché tornare in famiglia, decise di restare con gli americani perché nonostante la guerra era davvero una bella avventura: prima a Civitavecchia, poi a Grosseto, poi a Piombino, poi a Livorno; seguivano il fronte che avanzava e Alfredo dava una mano a riparare i camion militari e poiché aveva già sedici anni, a Livorno ebbe la patente militare di guida e un piccolo stipendio. Era americano a tutti gli effetti. L’esercito americano era rifornito di tutto, anche dei generi superflui, pietrine per gli accendini, croccantini con lo zucchero e le mandorle…
Ma l’esercito americano passava in Francia e Alfredo non poteva seguirli. Lo riaccompagnarono ad Anzio e venne impiegato all’allestimento del cimitero americano: girava per tutto il Lazio a individuare i caduti americani per dare loro sepoltura.

Nel 1950 Alfredo aveva finito il servizio al cimitero americano quando ebbe la chiamata nell’esercito: non aveva espletato il servizio militare per l’esercito italiano e fece un anno di servizio a Pinerolo. Le differenze le sentiva tutte. Solo per dirne una, ad Arlington, al cimitero degli eroi, è stato piantato un albero che ricorda il figlio di Alfredo, morto purtroppo pochi anni fa.

Gli hanno chiesto di andare in America e Alfredo ha cominciato a viaggiare verso gli Stati Uniti all’inizio degli anni 80. Da allora ogni anno va al raduno dei veterani di Anzio che si svolge ogni volta in una città diversa. Ha conosciuto politici e generali ed è stato ricevuto anche da George Bush come un capo di stato. È grato e ammirato da sempre per quello che ha ricevuto e per come è stato sempre trattato.



APPROFONDIMENTI 2

Un veterano per caso

[la storia di Alfredo Rinaldi raccontata dall’ammiraglio James Foggo in
occasione della Giornata dei Veterani, novembre 2024]




Ho conosciuto Alfredo in una cerimonia rievocativa presso il Cimitero Americano di Nettuno nel 2015, quando ero al comando della Sesta Flotta. Alfredo era lì in giacca e cravatta e un berretto con la scritta “Veterano della Seconda Guerra Mondiale”. Parlava un inglese perfetto e mi raccontò la sua avventurosa vita al seguito delle truppe americane durante il conflitto.

La sua famiglia era di Anzio, splendida cittadina di mare a quel tempo occupata dai tedeschi. Come tutti gli altri residenti entro 4 km dalla spiaggia, erano stati evacuati per consentire di organizzare la difesa contro un potenziale sbarco alleato. A rafforzare la difesa i Tedeschi avevano installato sui monti un grande cannone montato su binari noto fra gli alleati come “Anzio Annie”; un cannone da 280mm nascosto in un tunnel da cui usciva per colpire da lontano gli alleati in mare o nel porto. La sua gittata era di circa 70 km!

La famiglia di Alfredo si era trasferita a Roma arrangiandosi alla meglio. Lui aveva 16 anni e lavorando per le strade racimolava qualche lira per sostenere la famiglia. Stanco di quella vita un giorno decise di tornare ad Anzio da solo e a piedi per rivedere casa sua. Percorse i 50 km camminando giorno e notte attraverso le linee tedesche fino a giungere ad Aprilia.
Qui incontrò il primo soldato americano, completo di mitra e grosso sigaro. Il soldato gli chiese in italiano da dove venisse e dove andasse. Quando Alfredo gli disse che era venuto a piedi da Roma per rivedere casa, il soldato non credette possibile che fosse passato indenne fra le linee tedesche. lo portò al comando dove fu interrogato e poi accompagnato a casa sua che però era stata saccheggiata.
Allora il Responsabile dell’85esimo Deposito della Quinta Armata lo adottò come sua mascotte soprannominandolo “Anzio” in onore del suo ardente desiderio di tornare a casa. Il capitano Kirby, il sottotenente Brooks e il sergente Frank divennero gli “angeli custodi” di Alfredo. Gli dettero una divisa e come a ogni altro soldato gli assegnarono chewing gum, razione-k e sigarette. Alfredo non avrebbe più avuto fame!
Lavorò nell’officina riparazioni e imparò a guidare i nostri veicoli militari. Apprendeva lo stile di vita americano anche se con qualche difficoltà. Un giorno ingranò per errore la retromarcia del veicolo che spostava e quasi provocò un incidente. Il sergente Frank gli dette uno scappellotto in testa e da allora Alfredo non lo fece più. Voleva bene a quei ragazzi.

Quando l’esercito si mosse verso nord per incalzare la ritirata nemica, gli “Angeli custodi” dissero ad Alfredo che non avrebbero potuto portarlo con loro. Ci rimase malissimo. I soldati lo lasciarono nella sua vecchia casa di Anzio e partirono.
Alfredo con la lingua e la disciplina imparate in quel periodo di vicinanza agli americani ottenne un lavoro presso l’Ufficio di registrazione delle sepolture americane a Nettuno. Un lavoro raccapricciante che lo portava in giro nel territorio di Anzio alla ricerca dei caduti americani: setacciava i luoghi per sapere dove fossero le sepolture temporanee di quei soldati. Continuò il suo lavoro fino al 1949 quando si trasferì a Roma, si sposò e lavorò come autista di bus per il resto della sua carriera.

Sono 8.000 i sepolti americani a Nettuno, molti di essi ritrovati nel punto in cui caddero e riportati a degna sepoltura accanto ai loro camerati nel monumentale Cimitero militare americano.
Alfredo non dimenticò mai i suoi amici americani. Ad ogni cerimonia del Memorial Day tornava a Nettuno per rendere omaggio. Qui conobbe i presidenti Bush, Clinton e Bush jr. Più tardi visitò la Casa Bianca e partecipò negli Usa a un incontro coi suoi cari compagni dell’85esimo.

Quando a Nettuno nel 2015 lo incontrai per la prima volta ero Comandante della Sesta Flotta e ci siamo trovati bene. Gli chiesi di farmi da guida nel mio giro per Anzio in cui dovevo parlare a marinai, marines e civili dell’importanza di essere “anfibi” e del sacrificio dai giovani americani nella Seconda Guerra Mondiale.
Fu felice di farlo e il personale lo apprezzò con entusiasmo.
Tornai negli Usa per diventare Direttore presso la Marina. Un giorno mi informano che Alfredo è in ospedale a Roma e che vuole parlarmi. È stata una telefonata dolce e amara: Alfredo aveva una seria insufficienza renale anche se non lo avresti detto perché lui era come sempre ottimista.
“Quando viene in Italia, Ammiraglio?”
“Presto Alfredo – dissi – mi hanno nominato come nuovo Comandante delle Forze Alleate a Napoli, perciò aspettami amico mio. Quando vengo ci facciamo insieme un’altra visita al personale.”
“Va bene Ammiraglio, va bene”.
Ma è stata l’ultima volta che gli ho parlato, lui morì due settimane dopo.
Per questo oggi noi ricordiamo il “Veterano per caso”, il mio amico Alfredo Rinaldi e tutto ciò che egli fece per onorare gli americani che pagarono con la vita la liberazione dell’Italia.

(traduzione dall’inglese di Claudio Tondi-2025)