Ho conosciuto Alfredo in una cerimonia rievocativa presso il Cimitero Americano di Nettuno nel 2015, quando ero al comando della Sesta Flotta. Alfredo era lì in giacca e cravatta e un berretto con la scritta “Veterano della Seconda Guerra Mondiale”. Parlava un inglese perfetto e mi raccontò la sua avventurosa vita al seguito delle truppe americane durante il conflitto.
La sua famiglia era di Anzio, splendida cittadina di mare a quel tempo occupata dai tedeschi. Come tutti gli altri residenti entro 4 km dalla spiaggia, erano stati evacuati per consentire di organizzare la difesa contro un potenziale sbarco alleato. A rafforzare la difesa i Tedeschi avevano installato sui monti un grande cannone montato su binari noto fra gli alleati come “Anzio Annie”; un cannone da 280mm nascosto in un tunnel da cui usciva per colpire da lontano gli alleati in mare o nel porto. La sua gittata era di circa 70 km!
La famiglia di Alfredo si era trasferita a Roma arrangiandosi alla meglio. Lui aveva 16 anni e lavorando per le strade racimolava qualche lira per sostenere la famiglia. Stanco di quella vita un giorno decise di tornare ad Anzio da solo e a piedi per rivedere casa sua. Percorse i 50 km camminando giorno e notte attraverso le linee tedesche fino a giungere ad Aprilia.
Qui incontrò il primo soldato americano, completo di mitra e grosso sigaro. Il soldato gli chiese in italiano da dove venisse e dove andasse. Quando Alfredo gli disse che era venuto a piedi da Roma per rivedere casa, il soldato non credette possibile che fosse passato indenne fra le linee tedesche. lo portò al comando dove fu interrogato e poi accompagnato a casa sua che però era stata saccheggiata.
Allora il Responsabile dell’85esimo Deposito della Quinta Armata lo adottò come sua mascotte soprannominandolo “Anzio” in onore del suo ardente desiderio di tornare a casa. Il capitano Kirby, il sottotenente Brooks e il sergente Frank divennero gli “angeli custodi” di Alfredo. Gli dettero una divisa e come a ogni altro soldato gli assegnarono chewing gum, razione-k e sigarette. Alfredo non avrebbe più avuto fame!
Lavorò nell’officina riparazioni e imparò a guidare i nostri veicoli militari. Apprendeva lo stile di vita americano anche se con qualche difficoltà. Un giorno ingranò per errore la retromarcia del veicolo che spostava e quasi provocò un incidente. Il sergente Frank gli dette uno scappellotto in testa e da allora Alfredo non lo fece più. Voleva bene a quei ragazzi.
Quando l’esercito si mosse verso nord per incalzare la ritirata nemica, gli “Angeli custodi” dissero ad Alfredo che non avrebbero potuto portarlo con loro. Ci rimase malissimo. I soldati lo lasciarono nella sua vecchia casa di Anzio e partirono.
Alfredo con la lingua e la disciplina imparate in quel periodo di vicinanza agli americani ottenne un lavoro presso l’Ufficio di registrazione delle sepolture americane a Nettuno. Un lavoro raccapricciante che lo portava in giro nel territorio di Anzio alla ricerca dei caduti americani: setacciava i luoghi per sapere dove fossero le sepolture temporanee di quei soldati. Continuò il suo lavoro fino al 1949 quando si trasferì a Roma, si sposò e lavorò come autista di bus per il resto della sua carriera.
Sono 8.000 i sepolti americani a Nettuno, molti di essi ritrovati nel punto in cui caddero e riportati a degna sepoltura accanto ai loro camerati nel monumentale Cimitero militare americano.
Alfredo non dimenticò mai i suoi amici americani. Ad ogni cerimonia del Memorial Day tornava a Nettuno per rendere omaggio. Qui conobbe i presidenti Bush, Clinton e Bush jr. Più tardi visitò la Casa Bianca e partecipò negli Usa a un incontro coi suoi cari compagni dell’85esimo.
Quando a Nettuno nel 2015 lo incontrai per la prima volta ero Comandante della Sesta Flotta e ci siamo trovati bene. Gli chiesi di farmi da guida nel mio giro per Anzio in cui dovevo parlare a marinai, marines e civili dell’importanza di essere “anfibi” e del sacrificio dai giovani americani nella Seconda Guerra Mondiale.
Fu felice di farlo e il personale lo apprezzò con entusiasmo.
Tornai negli Usa per diventare Direttore presso la Marina. Un giorno mi informano che Alfredo è in ospedale a Roma e che vuole parlarmi. È stata una telefonata dolce e amara: Alfredo aveva una seria insufficienza renale anche se non lo avresti detto perché lui era come sempre ottimista.
“Quando viene in Italia, Ammiraglio?”
“Presto Alfredo – dissi – mi hanno nominato come nuovo Comandante delle Forze Alleate a Napoli, perciò aspettami amico mio. Quando vengo ci facciamo insieme un’altra visita al personale.”
“Va bene Ammiraglio, va bene”.
Ma è stata l’ultima volta che gli ho parlato, lui morì due settimane dopo.
Per questo oggi noi ricordiamo il “Veterano per caso”, il mio amico Alfredo Rinaldi e tutto ciò che egli fece per onorare gli americani che pagarono con la vita la liberazione dell’Italia.