Ucraina: origini di una guerra
05-02-2025 05:56 - Flash







Gennaio 2025- Ucraina: origini di una guerra
Nei giorni in cui l’assurdo scontro con la Russia compie 3 anni gettiamo uno sguardo sulle vicende politiche che hanno preceduto il conflitto. “Pensandoci bene” possiamo formarcene un’opinione.
Dati di partenza
NATO (North Atlantic Treaty Organization) alleanza militare difensiva a cui partecipano Stati Uniti, Canada e alcuni Paesi europei. Vi hanno aderito finora 32 paesi; eccoli anno per anno:
1949 Belgio Canada Danimarca Francia Islanda Italia Lussemburgo Paesi Bassi Norvegia Portogallo UK Usa
1952 Grecia Turchia
1955 Germania
1982 Spagna
1999 Repubblica Ceca Ungheria Polonia
2004 Bulgaria Estonia Lettonia Lituania Romania Slovacchia Slovenia
2009 Albania Croazia
2017 Montenegro
2020 Macedonia del nord
2023 Finlandia
2024 Svezia
UE (Unione Europea) organizzazione economica e politica che riunisce 27 stati europei
Nei giorni in cui l’assurdo scontro con la Russia compie 3 anni gettiamo uno sguardo sulle vicende politiche che hanno preceduto il conflitto. “Pensandoci bene” possiamo formarcene un’opinione.
Dati di partenza
NATO (North Atlantic Treaty Organization) alleanza militare difensiva a cui partecipano Stati Uniti, Canada e alcuni Paesi europei. Vi hanno aderito finora 32 paesi; eccoli anno per anno:
1949 Belgio Canada Danimarca Francia Islanda Italia Lussemburgo Paesi Bassi Norvegia Portogallo UK Usa
1952 Grecia Turchia
1955 Germania
1982 Spagna
1999 Repubblica Ceca Ungheria Polonia
2004 Bulgaria Estonia Lettonia Lituania Romania Slovacchia Slovenia
2009 Albania Croazia
2017 Montenegro
2020 Macedonia del nord
2023 Finlandia
2024 Svezia
UE (Unione Europea) organizzazione economica e politica che riunisce 27 stati europei
DONBASS regione orientale dell’Ucraina al confine con la Russia, abitata prevalentemente da popolazione di lingua russa. Principale obiettivo dell’intervento militare russo in corso dal 2022.
COSA È ACCADUTO SOTTO GLI ULTIMI 5 PRESIDENTI UCRAINI
Kuchma presidenza 2001-2004 – Favorisce gli oligarchi della finanza, gli si oppongono Timoscenko e Yuscenko.
Timoscenko Giulia – Nel 2002-3 è dura oppositrice del presidente Kuchma che accusa di fare gli interessi dell’alta finanza. Giunge però a demonizzare il potere al limite della destabilizzazione. Nel 2005 è capo del governo sotto Yuscenko ma è scomoda e viene presto rimossa per sospetta corruzione. Nel 2010 corre per la presidenza ma è sconfitta da Yanukovic.
Yuscenko presidenza 2004-2010 – Conservatore-liberale, europeista, favorevole alla Nato. Sostenuto dal partito “Ucraina nostra”. Gli avversari lo soprannominano BUSHenko per le simpatie col presidente Usa. Nel 2004 appare col volto devastato da un avvelenamento cui sopravvive. Viene eletto col 52% a dicembre 2004 (elezioni ripetute perché avevano originariamente dato la vittoria all’avversario Yanukovic contro tutte le previsioni dei sondaggi). Nel 2005 nomina capo del governo Giulia Timoscenko ma dopo pochi mesi la rimuove e nomina l’ex avversario Yanukovic per stemperare l’attrito con la Russia. Nel 2008 prende posizione contro la Russia nel conflitto Russia-Ossezia. Nel 2010 assegna una onorificenza alla memoria del leader ultra-nazionalista Stepan Bandera. Alle elezioni del 2010 perde sonoramente contro la Timoscenko e Yanukovic, che fra i due prevarrà.
Yanukovic presidenza 2010-2014 – Vince col 52% il ballottaggio con la Timoscenko. Prepara un accordo commerciale con la UE che però blocca quando la Russia, allarmata, minaccia di chiudere gli scambi commerciali con l’Ucraina. Ciò dà inizio a manifestazioni di piazza dal dicembre 2013 con disordini e morti (vedi più avanti Fatti di Maidan). A febbraio 2014 un accordo coi leader dell’opposizione sembra calmare la situazione ma i capi rivoltosi lo rifiutano e Yanukovic si rifugia in Russia nella notte del 22 febbraio 2014. A marzo la Russia occupa la Crimea diffidando del nuovo governo ucraino.
Poroscenko presidenza 2014-2019 – Già finanziatore della Rivoluzione Arancione (vedi più avanti cos’è), è ostile alla Russia e avvia una politica nazionalista (lingua ucraina privilegiata, chiesa ortodossa staccata dal patriarca di Mosca, riduzione diritti cittadini di lingua russa nel Donbass). Il paese si divide fra federalisti (dare una certa autonomia alle singole regioni) e unionisti (controllo centrale forte) che appoggiano il governo Poroscenko. A maggio 2014 una manifestazione antigovernativa a Odessa si conclude tragicamente (vedi più avanti Fatti di Odessa). A Poroscenko, ritenuto poi troppo lento nell’avvicinarsi all’Occidente, succede nel 2019 Zelenski sostenuto dagli ultranazionalisti anti russi.
Zelenski presidenza 2019 – ? – Persona notissima in Ucraina perché attore in programmi tv vince le elezioni del 2019 e guida un governo di forte orientamento filo occidentale sostenuto anche da partiti di estrema destra. La sua politica di accelerazione verso la UE ma soprattutto verso l’ingresso nella NATO crea le condizioni per l’intervento militare russo del 20 febbraio 2022 attualmente ancora in corso. Il suo mandato è scaduto nel 2023 ma rimane in carica perché a causa della guerra le elezioni sono sospese.
GLI ELEMENTI CHIAVE DELLE VICENDE UCRAINE RECENTI
E I GRAVI FATTI DEL 2014
2004 Rivoluzione Arancione (per i colori di striscioni e bandiere) Movimento che organizzò manifestazioni pro-occidente contestando i presunti brogli nelle elezioni presidenziali del 2004. In quelle elezioni il candidato Yuscenko, contro le previsioni dei sondaggi, era stato battuto dal filorusso Yanukovic. A causa delle proteste di piazza le elezioni furono ripetute e la vittoria andò al filo-occidentale Yuscenko.
febbraio 2014: Fatti di Maidan (da “maidan Nezalesnosti”=piazza Indipendenza, Kiev)
maggio 2014: Fatti di Odessa (incendio e massacro nel palazzo dei sindacati)
Maidan. A febbraio 2014 manifestazioni di piazza guidate da movimenti di ultra-destra (come Pravi Sektor e altri) di opposizione violenta al presidente Yanukovic prendono spunto dal suo raffreddamento del processo di avvicinamento alla UE e di simpatia per la Russia. Ci sono scontri sempre più violenti, assalto e occupazione di palazzi del potere. Tentano di fare altrettanto nelle città del Donbass ma vengono respinti.
Il 20 febbraio nella capitale Kiev durante una manifestazione in piazza Indipendenza alcuni cecchini dai tetti sparano sia sui manifestanti che sulla polizia provocando 100 morti. Il fatto viene oggi ritenuto una calcolata provocazione per far esplodere la piazza. In parlamento si firma un accordo ma i rivoltosi lo rifiutano. Nella notte il presidente Yanukovic fugge in Russia.
Odessa. A maggio 2014 i federalisti sfilano pacificamente per protesta contro il governo Poroscenko ma una contromanifestazione di destra estrema li aggredisce costringendoli a rifugiarsi nel palazzo dei sindacati di Odessa. Gli assalitori lo danno alle fiamme. Muoiono a centinaia intrappolati o uccisi quando tentano di uscire. Cessano le manifestazioni contro il governo filo-occidentale di Poroscenko.
UNA SERIA RIFLESSIONE
Mettere in fila gli eventi politici ucraini degli ultimi 20 anni è rivelatore di quanto è poi tragicamente accaduto. Sono fatti strettamente legati a quanto, da parte occidentale, si veniva realizzando sul piano militare: un progressivo, massiccio allargamento dell’alleanza NATO con l’inclusione anche dei paesi un tempo di influenza sovietica. Un allargamento avvenuto nonostante gli USA, al momento del disfacimento dell’URSS, avessero dato assicurazione in senso contrario al nuovo governo russo. Ed ecco che in pochi anni Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia, Albania, Croazia, Montenegro, Macedonia del nord, Finlandia e Svezia diventano membri del Patto Atlantico accerchiando e mettendo di fatto la Russia sotto tiro.
Vale la pena riflettere su alcune considerazioni che troviamo nella prefazione di Luciano Canfora al volume “Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina” di Benjamin Abelow, libro che, come afferma il prof.Canfora, “aiuta a snebbiare la conoscenza dei fatti da parte degli italiani su un argomento diventato oggetto di rissa mediatica e di sbuffi di intolleranza.”
Apprendiamo ad esempio che nel 1990, al momento del disfacimento dell’Unione Sovietica, il Segretario di stato degli Stati Uniti James Baker assicurò verbalmente il presidente russo Gorbaciov che la NATO non avrebbe cercato di estendersi verso est. E invece nel volgere di pochi anni tutti gli stati europei confinanti con la Russia o con la Bielorussia o con l’Ucraina divennero membri della NATO. Eppure non erano mancati appelli alla saggezza come la lettera che nel 1997 McNamara (ministro della Difesa USA ai tempi di Kennedy e Johnson) inviò al presidente Clinton, nella quale segnalava il rischio insito nell’espansione della Nato a est. Sarebbe stato un nuovo, pericoloso caso di gestione miope della vittoria. Come già accaduto dopo le due guerre mondiali, quella voglia di “stravincere” poteva creare condizioni tali da innescare nuove guerre.
In pochi anni il pasticcio era fatto. Ultimo tassello per completare “l’accerchiamento” della Russia rimaneva l’Ucraina. Dopo il colpo di stato che cacciò il presidente ucraino Yanukovic e portò al potere Poroshenko, la Russia pensò di cautelarsi con i due ACCORDI di Minsk (5 settembre 2014 e 12 febbraio 2015). Tali accordi comportavano la promessa di riconoscere una certa autonomia alle regioni russofone del Donbass. In queste regioni è concentrata infatti la parte di popolazione ucraina di lingua e cultura russe che considera la Federazione Russa una potenza amica e protettrice. E su questa minoranza la Russia ha fatto leva per cercare di evitare che anche l’Ucraina finisse per entrare nella UE e nella NATO.
Gli accordi di Minsk comportavano un congelamento dell’aspirazione dei nuovi governanti ucraini a entrare in UE e NATO. Invece una ripresa di tale aspirazione si manifestò dal 2019 con la presidenza Zelenski, uomo molto legato alla famiglia Biden. L’anno dopo Biden fu eletto presidente e da quel momento l’accelerazione diventò inarrestabile. La situazione era ormai giunta al punto di rottura. Lucio Caracciolo, direttore di «Limes», osservava: “Immaginare che l’Ucraina possa diventare uno stato totalmente occidentalizzato significherebbe fare la guerra alla Russia”. Mentre secondo Papa Francesco “la NATO sta abbaiando ai confini della Russia”.
Oggi a conflitto in atto si può dire che Putin abbia commesso due errori: essersi fidato di promesse verbali poi non mantenute e non capire la trappola in cui andava a cacciarsi dando il via a una guerra aperta per bloccare quell’altra, non dichiarata ma già in corso da anni, del nuovo regime ucraino contro la minoranza russofona del Donbass. La trappola tesa dalla NATO era perfetta perché rendeva possibile far guerra alla Russia senza dichiarare guerra, armando a volontà l’Ucraina con armi modernissime e tranquillizzando l’Ucraina con promesse di ricostruzioni “dopo la vittoria”. Ora il problema è come uscirne prima che divenga un conflitto generalizzato. Perché, come avvertì nel 2022 l’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger, gli Usa non devono cercare la sconfitta della Russia, perché ciò la spingerebbe a rinsaldare l’alleanza con la Cina, cosa che porterebbe a un pericoloso turbamento dei già precari equilibri mondiali.
Claudio Tondi – gennaio 2025
COSA È ACCADUTO SOTTO GLI ULTIMI 5 PRESIDENTI UCRAINI
Kuchma presidenza 2001-2004 – Favorisce gli oligarchi della finanza, gli si oppongono Timoscenko e Yuscenko.
Timoscenko Giulia – Nel 2002-3 è dura oppositrice del presidente Kuchma che accusa di fare gli interessi dell’alta finanza. Giunge però a demonizzare il potere al limite della destabilizzazione. Nel 2005 è capo del governo sotto Yuscenko ma è scomoda e viene presto rimossa per sospetta corruzione. Nel 2010 corre per la presidenza ma è sconfitta da Yanukovic.
Yuscenko presidenza 2004-2010 – Conservatore-liberale, europeista, favorevole alla Nato. Sostenuto dal partito “Ucraina nostra”. Gli avversari lo soprannominano BUSHenko per le simpatie col presidente Usa. Nel 2004 appare col volto devastato da un avvelenamento cui sopravvive. Viene eletto col 52% a dicembre 2004 (elezioni ripetute perché avevano originariamente dato la vittoria all’avversario Yanukovic contro tutte le previsioni dei sondaggi). Nel 2005 nomina capo del governo Giulia Timoscenko ma dopo pochi mesi la rimuove e nomina l’ex avversario Yanukovic per stemperare l’attrito con la Russia. Nel 2008 prende posizione contro la Russia nel conflitto Russia-Ossezia. Nel 2010 assegna una onorificenza alla memoria del leader ultra-nazionalista Stepan Bandera. Alle elezioni del 2010 perde sonoramente contro la Timoscenko e Yanukovic, che fra i due prevarrà.
Yanukovic presidenza 2010-2014 – Vince col 52% il ballottaggio con la Timoscenko. Prepara un accordo commerciale con la UE che però blocca quando la Russia, allarmata, minaccia di chiudere gli scambi commerciali con l’Ucraina. Ciò dà inizio a manifestazioni di piazza dal dicembre 2013 con disordini e morti (vedi più avanti Fatti di Maidan). A febbraio 2014 un accordo coi leader dell’opposizione sembra calmare la situazione ma i capi rivoltosi lo rifiutano e Yanukovic si rifugia in Russia nella notte del 22 febbraio 2014. A marzo la Russia occupa la Crimea diffidando del nuovo governo ucraino.
Poroscenko presidenza 2014-2019 – Già finanziatore della Rivoluzione Arancione (vedi più avanti cos’è), è ostile alla Russia e avvia una politica nazionalista (lingua ucraina privilegiata, chiesa ortodossa staccata dal patriarca di Mosca, riduzione diritti cittadini di lingua russa nel Donbass). Il paese si divide fra federalisti (dare una certa autonomia alle singole regioni) e unionisti (controllo centrale forte) che appoggiano il governo Poroscenko. A maggio 2014 una manifestazione antigovernativa a Odessa si conclude tragicamente (vedi più avanti Fatti di Odessa). A Poroscenko, ritenuto poi troppo lento nell’avvicinarsi all’Occidente, succede nel 2019 Zelenski sostenuto dagli ultranazionalisti anti russi.
Zelenski presidenza 2019 – ? – Persona notissima in Ucraina perché attore in programmi tv vince le elezioni del 2019 e guida un governo di forte orientamento filo occidentale sostenuto anche da partiti di estrema destra. La sua politica di accelerazione verso la UE ma soprattutto verso l’ingresso nella NATO crea le condizioni per l’intervento militare russo del 20 febbraio 2022 attualmente ancora in corso. Il suo mandato è scaduto nel 2023 ma rimane in carica perché a causa della guerra le elezioni sono sospese.
GLI ELEMENTI CHIAVE DELLE VICENDE UCRAINE RECENTI
E I GRAVI FATTI DEL 2014
2004 Rivoluzione Arancione (per i colori di striscioni e bandiere) Movimento che organizzò manifestazioni pro-occidente contestando i presunti brogli nelle elezioni presidenziali del 2004. In quelle elezioni il candidato Yuscenko, contro le previsioni dei sondaggi, era stato battuto dal filorusso Yanukovic. A causa delle proteste di piazza le elezioni furono ripetute e la vittoria andò al filo-occidentale Yuscenko.
febbraio 2014: Fatti di Maidan (da “maidan Nezalesnosti”=piazza Indipendenza, Kiev)
maggio 2014: Fatti di Odessa (incendio e massacro nel palazzo dei sindacati)
Maidan. A febbraio 2014 manifestazioni di piazza guidate da movimenti di ultra-destra (come Pravi Sektor e altri) di opposizione violenta al presidente Yanukovic prendono spunto dal suo raffreddamento del processo di avvicinamento alla UE e di simpatia per la Russia. Ci sono scontri sempre più violenti, assalto e occupazione di palazzi del potere. Tentano di fare altrettanto nelle città del Donbass ma vengono respinti.
Il 20 febbraio nella capitale Kiev durante una manifestazione in piazza Indipendenza alcuni cecchini dai tetti sparano sia sui manifestanti che sulla polizia provocando 100 morti. Il fatto viene oggi ritenuto una calcolata provocazione per far esplodere la piazza. In parlamento si firma un accordo ma i rivoltosi lo rifiutano. Nella notte il presidente Yanukovic fugge in Russia.
Odessa. A maggio 2014 i federalisti sfilano pacificamente per protesta contro il governo Poroscenko ma una contromanifestazione di destra estrema li aggredisce costringendoli a rifugiarsi nel palazzo dei sindacati di Odessa. Gli assalitori lo danno alle fiamme. Muoiono a centinaia intrappolati o uccisi quando tentano di uscire. Cessano le manifestazioni contro il governo filo-occidentale di Poroscenko.
UNA SERIA RIFLESSIONE
Mettere in fila gli eventi politici ucraini degli ultimi 20 anni è rivelatore di quanto è poi tragicamente accaduto. Sono fatti strettamente legati a quanto, da parte occidentale, si veniva realizzando sul piano militare: un progressivo, massiccio allargamento dell’alleanza NATO con l’inclusione anche dei paesi un tempo di influenza sovietica. Un allargamento avvenuto nonostante gli USA, al momento del disfacimento dell’URSS, avessero dato assicurazione in senso contrario al nuovo governo russo. Ed ecco che in pochi anni Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia, Albania, Croazia, Montenegro, Macedonia del nord, Finlandia e Svezia diventano membri del Patto Atlantico accerchiando e mettendo di fatto la Russia sotto tiro.
Vale la pena riflettere su alcune considerazioni che troviamo nella prefazione di Luciano Canfora al volume “Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina” di Benjamin Abelow, libro che, come afferma il prof.Canfora, “aiuta a snebbiare la conoscenza dei fatti da parte degli italiani su un argomento diventato oggetto di rissa mediatica e di sbuffi di intolleranza.”
Apprendiamo ad esempio che nel 1990, al momento del disfacimento dell’Unione Sovietica, il Segretario di stato degli Stati Uniti James Baker assicurò verbalmente il presidente russo Gorbaciov che la NATO non avrebbe cercato di estendersi verso est. E invece nel volgere di pochi anni tutti gli stati europei confinanti con la Russia o con la Bielorussia o con l’Ucraina divennero membri della NATO. Eppure non erano mancati appelli alla saggezza come la lettera che nel 1997 McNamara (ministro della Difesa USA ai tempi di Kennedy e Johnson) inviò al presidente Clinton, nella quale segnalava il rischio insito nell’espansione della Nato a est. Sarebbe stato un nuovo, pericoloso caso di gestione miope della vittoria. Come già accaduto dopo le due guerre mondiali, quella voglia di “stravincere” poteva creare condizioni tali da innescare nuove guerre.
In pochi anni il pasticcio era fatto. Ultimo tassello per completare “l’accerchiamento” della Russia rimaneva l’Ucraina. Dopo il colpo di stato che cacciò il presidente ucraino Yanukovic e portò al potere Poroshenko, la Russia pensò di cautelarsi con i due ACCORDI di Minsk (5 settembre 2014 e 12 febbraio 2015). Tali accordi comportavano la promessa di riconoscere una certa autonomia alle regioni russofone del Donbass. In queste regioni è concentrata infatti la parte di popolazione ucraina di lingua e cultura russe che considera la Federazione Russa una potenza amica e protettrice. E su questa minoranza la Russia ha fatto leva per cercare di evitare che anche l’Ucraina finisse per entrare nella UE e nella NATO.
Gli accordi di Minsk comportavano un congelamento dell’aspirazione dei nuovi governanti ucraini a entrare in UE e NATO. Invece una ripresa di tale aspirazione si manifestò dal 2019 con la presidenza Zelenski, uomo molto legato alla famiglia Biden. L’anno dopo Biden fu eletto presidente e da quel momento l’accelerazione diventò inarrestabile. La situazione era ormai giunta al punto di rottura. Lucio Caracciolo, direttore di «Limes», osservava: “Immaginare che l’Ucraina possa diventare uno stato totalmente occidentalizzato significherebbe fare la guerra alla Russia”. Mentre secondo Papa Francesco “la NATO sta abbaiando ai confini della Russia”.
Oggi a conflitto in atto si può dire che Putin abbia commesso due errori: essersi fidato di promesse verbali poi non mantenute e non capire la trappola in cui andava a cacciarsi dando il via a una guerra aperta per bloccare quell’altra, non dichiarata ma già in corso da anni, del nuovo regime ucraino contro la minoranza russofona del Donbass. La trappola tesa dalla NATO era perfetta perché rendeva possibile far guerra alla Russia senza dichiarare guerra, armando a volontà l’Ucraina con armi modernissime e tranquillizzando l’Ucraina con promesse di ricostruzioni “dopo la vittoria”. Ora il problema è come uscirne prima che divenga un conflitto generalizzato. Perché, come avvertì nel 2022 l’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger, gli Usa non devono cercare la sconfitta della Russia, perché ciò la spingerebbe a rinsaldare l’alleanza con la Cina, cosa che porterebbe a un pericoloso turbamento dei già precari equilibri mondiali.
Claudio Tondi – gennaio 2025