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Nuovo capitolo della controversa storia di Mussolini cittadino onorario in oltre 100 comuni italiani.

03-11-2021 00:41 - notizie
Giusto 99 anni fa, il 28 ottobre 1922, il movimento che nei due anni precedenti si era conquistato le prime pagine dei giornali a colpi di assalti vandalici, intimidazioni politiche e spedizioni punitive, organizzava una manifestazione di simbolica “presa del potere” facendo confluire da tutta Italia verso Roma alcune migliaia di membri delle proprie squadracce.
Simbolica fino a un certo punto visto che appena tre giorni dopo il re trasformò quella marcia sulla capitale in una svolta politica che avrebbe sprofondato il Paese nel baratro della dittatura: l’incarico al leader di quel movimento di piazza, Benito Mussolini, di guidare il governo nazionale.

Delle gravi conseguenze che ne derivarono sono pieni i libri di storia. Ma una conseguenza più piccolina avvenuta 12 mesi dopo sta tornando a farsi sentire da sei o sette anni in qua.
Parliamo della penosa iniziativa che l’associazione dei comuni, l’ANCI, pensò bene di prendere nel 1923 per dimostrare, nel primo anniversario della "gloriosa marcia su Roma" tutto il suo ossequio al nuovo capo del governo: raccomandare ai sindaci d’Italia di dichiarare il cavalier Benito cittadino onorario.

Ad accogliere l’invito furono oltre un centinaio di primi cittadini: ed il 1924 vide fioccare delibere, cerimoniette e archiviazioni dei diplomini onorari tenuti pronti a saltar fuori quando se ne fosse presentata la necessità.
Passarono gli anni, dei documentini nessuno si ricordò più: per un ventennio si era chiamati un giorno sì e l’altro pure a ben altre glorie e celebrazioni.
Poi la catastrofe, la guerra, il disfacimento del regime, il ritorno alla democrazia, alla vita normale. Finché...

Finché, ad anni Duemila inoltrati, qualcuno dell’Associazione ex Partigiani, cioè di quelli che alla caduta del fascismo avevano contribuito attivamente, si ricordò della vicenda dei diplomi di cittadinanza onoraria al Duce. E chiese al proprio sindaco di revocarlo.

A catena fioccarono le richieste ad altri sindaci. Qualcuno aderì, la maggior parte no e di questi solo pochissimi per dichiarata “simpatia” con quel regime, i più la considerarono una richiesta velleitaria, ingenuamente tesa a voler cancellare un errore del passato invece di mantenerlo nella memoria, magari a monito di quello che può far fare l’adesione irresponsabile agli impulsi della piazza.
Apriti cielo! Come di consueto, dire no o dire sì volle dire “schierarsi”. La revochi? Sei democratico. La mantieni? Sei fascista.
Non ci si fa l’abitudine ma è così che va qui da noi.

L’agitazione pian piano si è spenta, rimanendo però a covare sotto le ceneri pronta a reinfiammarsi se qualcuno vi soffia sopra. Ed eccoci all’oggi, anzi a sette anni fa.

Nel 2014 il sindaco di Ravenna si rifiuta di accogliere l’ennesima richiesta di revoca della cittadinanza a Mussolini datata 1924 con la forte argomentazione della “testimonianza storica da tener viva nei giovani”. La cosa desta scalpore soprattutto perché la città è politicamente guidata dalla sinistra. Un pazzo? Un traditore? O un saggio?
Sta di fatto che la cosa rimbomba dentro quell’area politica e qualcuno non se ne dà pace, insiste col sollevare il tema che quindi rimbalza qua e là per l’Italia.

Approda anche ad Anzio nel 2018 (Nettuno lo schiva perché pare che la parte di archivio in cui conservava il documento sia andata perduta).
C’è chi ne fa oggetto di mozione in consiglio comunale connotandola subito come previsto: sindaco, se non la revochi sei fascista.
Al diniego, come previsto, si riaccendono fuoco e fiamme che sembrano però spegnersi in fretta, finché una bella ravvivata gliela offre quanto accaduto martedì 2 novembre 2021.

Esce sulla stampa una dichiarazione di Edith Bruck, la scrittrice ebrea di origini ungheresi che mesi addietro aveva portato ad Anzio, col suo libro “Il Pane perduto”, l’atroce testimonianza del campo di concentramento nazista. A lei il sindaco di Anzio aveva pensato di assegnare il Premio per la Pace, appena istituito proprio per fare da stimolo di coscienza democratica ai ragazzi delle scuole.

La signora Bruck, dopo un primo approccio positivo, comunicava di non voler accettare tale riconoscimento in quanto Anzio non aveva cancellato la cittadinanza di Benito Mussolini, per di più negandola invece ad Adele Di Consiglio, residente ad Anzio fin da bambina e sopravvissuta alla persecuzione nazista sugli ebrei.

Alla presa di posizione della Bruck ha replicato il sindaco De Angelis (qui sotto il testo integrale) che si diceva mortificato per la cosa rivendicando il fatto che quella cittadinanza fu un atto di regime di cui è preferibile tenerne memoria come insegnamento piuttosto che farlo sparire; oltre al fatto che dalla caduta del fascismo ad oggi nessun sindaco di Anzio, dei più svariati orientamenti politici, si era preoccupato di revocarla.

Continueremo a seguire gli sviluppi della vicenda, registrando però la assoluta insufficienza con cui certi media, specie le TV, ne hanno sintetizzato gli aspetti, insufficienza al limite della disinformazione.

[Claudio Tondi]



QUI un articolo del Corriere della Sera del 2014 sul rifiuto di Ravenna

QUI un articolo del Caffè del 2018 che riporta la richiesta dell’ANPI al sindaco

QUI un pezzo del Faro online del 2021 con la dichiarazione di Edith Bruck

QUI, sempre da Faro online, la replica del sindaco De Angelis a E.Bruck


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