Il "molaccio" delle Grotte di Nerone approda in commissione Lavori Pubblici

14-10-2020 20:22 -

ANZIO. Martedì 13 ottobre si è tenuta una riunione della Commissione Lavori Pubblici convocata dal consigliere comunale Flavio Vasòli per approfondire la tematica emersa in Consiglio Comunale riguardo al manufatto in cemento giacente di fronte alle Grotte di Nerone.

In particolare lo scopo della commissione era di giungere a stilare un ordine del giorno il più possibile aggregativo delle diverse posizioni politiche sul destino del manufatto stesso.
La Commissione, come è sua prerogativa, ha ritenuto utile invitare a contribuire alla discussione i rappresentanti di alcune organizzazioni riconosciute come particolarmente sensibili all’argomento; per questo ai numerosi consiglieri comunali presenti si sono aggiunti Francesco Silvia e Stefania Salvucci per il “Comitato Tutela Villa e Grotte di Nerone” ed il sottoscritto per l’associazione “Cittainsieme”. La riunione si è svolta nella sala consiliare in modo da assicurare il debito distanziamento interpersonale.
Riporto in queste righe quanto da me ascoltato e capito (le due cose non sono necessariamente sempre sovrapponibili) nell’intento di fare opera di informazione verso i soci di Cittainsieme su un tema che sta loro così tanto a cuore. Se anche altri le trovassero interessanti ne sarei ovviamente felice.

Iniziamo con una premessa per agevolare la comprensione di chi non ha avuto modo di seguire negli anni la storia della cosa di cui si sta parlando.

Argomento del contendere è il lungo braccio in cemento costruito in mare dalla Regione 6 anni fa in occasione di due violente mareggiate che avevano flagellato la costa nei mesi precedenti.

L’opera fu rapidamente realizzata (e finanziata con 630mila euro) sotto l’impulso dell’emergenza idrogeologica. Il progetto del resto era praticamente già pronto in quanto faceva parte del ben più ampio piano di ristrutturazione del porto di Anzio concepito oltre 10 anni prima e a quel tempo arenatosi tra mancanza di sottoscrittori a finanziarlo e ostilità di gran parte della cittadinanza. L’urgenza meteorologica perciò, come detto, consentì di stralciare il pezzo di progetto interessato e sbloccò la realizzazione del manufatto destinato, nelle motivazioni ufficiali, a “difendere il sito archeologico dai marosi”.

In pochissimi mesi prese forma un molo che, partendo dalla spiaggia proprio davanti la statua di Nerone, si inoltra in mare formando un arco lungo 400 metri e largo 5. Il cemento che lo costituisce fu colato direttamente sul fondale inglobando in più punti le strutture portuali di età romana lì sommerse. Poco prima della conclusione dei lavori arrivò la notizia che la ditta esecutrice non era in regola con le certificazioni antimafia; ciò comportò l’immediata sospensione dell’opera che da allora è rimasta così come la vediamo oggi: uno scabro marciapiede in mezzo al mare sicuramente deturpante l’estetica del luogo e fortemente indiziato di star generando danni all’ecosistema della Riviera anziate di Ponente; per non dire della fonte di pericolo che ha costituito per i numerosi bagnanti che in tutti questi anni vi si sono avventurati nonostante i ripetuti divieti di accesso affissi dall’amministrazione comunale.

Questa situazione, considerata anche dal Sindaco ormai insostenibile, è stata posta in discussione nell’ultimo Consiglio comunale: lì però le soluzioni avanzate dai consiglieri sono state delle più varie, così varie da rendere opportuno trovare una mediazione parlandone, appunto, in commissione.



La Commissione di martedì si è aperta con un intervento (in videoconferenza) di Enrico Felici, archeologo subacqueo con un passato di studi specifici sul bacino dell’antico porto di Nerone.

Felici ha ricordato di essere stato sempre contrario a questo molo, sia per il pesante impatto ambientale del cemento, che per l’effetto di interramento che esso sta producendo. Egli ha in realtà precisato che l’interramento era iniziato già con la realizzazione dei “pennelli” costieri degli anni ’90 ma ha aggiunto che il molo lo ha chiaramente accelerato.
ùUno dei maggiori danni di tale processo è per Felici il rischio di perdere per sempre quel formidabile tesoro subacqueo costituito dalle palificazioni lignee romane che risultano iscritte di epigrafi preziosissime per la documentazione che forniscono, un vero e proprio archivio epigrafico ligneo unico al mondo.
Felici ricorda anche come le attività economiche della Riviera Mallozzi (stabilimenti, ristoranti, ecc.) traggano enorme beneficio proprio dall’esistenza di testimonianze archeologiche che caratterizzano fortemente il luogo e che valorizzare queste produce un ritorno vantaggiosissimo per quelle. Conclude l’intervento facendo appello a scegliere una soluzione che, qualunque essa sia, salvaguardi la visione complessiva del bacino acqueo in tutta la sua estensione come ancora esso appare.

Si susseguono poi gli interventi che spaziano dall’invito a considerare i costi (e i probabili danni) di un suo abbattimento, alla richiesta di toglierlo semplicemente di mezzo con l’esplosivo.
Cruciale si pone anche l’aspetto della sicurezza: il molo è pericoloso, non ha parapetti, è sdrucciolevole, esposto ai marosi e infarcito di spuntoni metallici residui del risibile tentativo di montarvi una ringhierina tre anni fa.
Qualcuno solleva anche la questione giuridica che il comune, essendo di fatto danneggiato, debba costituirsi parte civile in un eventuale processo che valutasse la vicenda.
Emerge poi via via una linea intermedia, più propositiva, e a mio parere più realistica, che mira a volgere al positivo una struttura che così certamente non può restare.

Facendomene interprete, pur nei limiti della mia scarsa capacità oratoria, ho quindi suggerito gli interventi che a mio avviso porterebbero a un buon esito e che in estrema sintesi sono:

•rendere il molo SICURO e frequentabile
•renderlo ESTETICAMENTE plausibile specie nel contesto in cui è collocato
•renderlo UTILE, facendone un punto di osservazione della Villa Imperiale nel suo maestoso insieme
•renderlo ECOCOMPATIBILE, creando varchi subacquei per ripristinare il flusso delle correnti interrotto oggi dal cemento
•renderlo FRUIBILE, facendone il tratto terminale di un percorso di visita attrezzato e protetto che parta fin dal promontorio dell’Arco Muto.

Come trovare i soldi per farlo? A questo aspetto il presidente Vasòli ritiene si debba comunque far fronte muovendosi tra due soglie: un obiettivo minimale che è quello di sistemare l’esistente e l’obiettivo maggiore che è di proporre l'intero sito all’Unesco come Bene culturale da tutelare.

Come detto all’inizio il Consiglio comunale vuole votare un documento unitario con cui impegnare il Sindaco a chiedere alla Soprintendenza archeologica di attivarsi per ottenere dalla Regione il ripristino del progetto originario e alla Regione stessa di erogare un contributo per le opere.

Ora si tratta di tradurre tali indicazioni in forma di ordine del giorno da far votare dopo in aula: un gruppo ristretto di membri della commissione passa allora nella sala adiacente e si mette al lavoro per stilare il testo auspicabilmente unitario.
Io lascio a quel punto la casa comunale con la sensazione che ad Anzio si stia aprendo qualche spiraglio di luce tra le nuvole troppo spesso scure e bloccate della contesa politica.

Claudio Tondi, presidente di Cittainsieme